In viaggio in…
SICILIA





L’estate, finalmente.

Luglio quest’anno ha visto l’inizio di un periodo di vacanze che ci ha portato a visitare buona parte della Sicilia, isola maggiore dell’Italia, regione a statuto speciale, la maggiore delle regioni, terra di contrasti e di eccellenze, ricca, a dispetto dell’economia; ricca di offerte e di spettacoli della natura, selvaggia e a tratti sofisticata, una regione, un’isola al centro del Mediterraneo e perciò solo meta delle invasioni giunte in tutte le epoca da quelle civiltà che sul mediterraneo si affacciano e non solo.

Il tratto di autostrada (la 7) che separa Milano da Genova corre veloce sotto le ruote della macchina carica di persone e cose per affrontare al meglio i campeggi in Sicilia ed il successivo periodo a casa di parenti.

A Genova l’imbarco nel tardo pomeriggio sulla nave Excellent della Grandi Navi Veloci; in serata la partenza per Palermo, la “Lanterna” ci saluta all’imbrunire e il mare aperto ci accoglie che è già notte, la navigazione inizia, in leggero ritardo, nel migliore dei modi: mare calmo, al più leggermente mosso, la vacanza è cominciata.



Notte in mare passata bene, il dondolio della barca ci è entrato dentro, lo conserveremo ancora per un paio di giorni; il mare appare piatto anche se non lo è, la giornata passa placida, fra una visita ai negozi di bordo ed un tuffo in piscina (anzi mini piscina), nel primo pomeriggio dobbiamo lasciare la cabina e il viaggio continua sui ponti, il criceto che ha viaggiato insieme a noi viene sistemato in gattiera (d’altronde abbiamo pagato il biglietto anche per lui) e così aspettiamo il momento dell’attracco a Palermo che, causa molo occupato da altra nave, avviene con un sensibile ritardo, la cosa non è felice, un poco perché sono minuti rubati alla vera vacanza, un poco perché arrivando a Palermo all’inizio della sera e non sapendo assolutamente nulla su dove andare a dormire (dove piantare le tende) il rischio è di dover vagare alla ricerca di un posto e magari trovarlo a notte fonda.

Sbarcati puntiamo la prua, pardon il muso della macchina, verso Messina sull’A 20, usciamo a Termini Imerese e sulla strada verso Cefalù il primo campeggio che troviamo, ha posto, meno male, la strada per raggiungerlo è un pochetto dissestata, ma l’animazione è degna di un villaggio turistico, il campeggio si chiama “Torre Battilamano” e si trova a Buonfornello.

Piantimo le tende, mangiamo, dormiamo, la sera si è trasformata in notte e domani inizia la vera vacanza.



Vacanza è e vacanza sia, il mare… il campeggio è a ridosso della spiaggia, nessuna strada da attraversare, bagno, sole, molto bello, ma non siamo in Sicilia solo per il mare, e così, eccoci alla scoperta degli angoli più o meno nascosti della Sicilia, siamo a due passi da Termini Imerese, situata su un costone roccioso tra capo Zafferano e Cefalù, Termini imerese ha conosciuto nel secondo dopoguerra un’esplosione economica ed industriale non indifferente.

In cima esiste ancora la Termini vecchia, e scopriamo che questa città ha origini molto antiche, anche il suo nome ci ricorda che questa città si trova nel raggio di influenza dell’antica Himera, la più occidentale delle colonie greche sulla costa settentrionale della Sicilia, che fu distrutta dai cartaginesi nel 409 a.C. e i suoi profughi furono accolti a Termini dopo la distruzione di questa città.

Che dire poi del termine “Termini”? Se non che questo ci ricorda un po’ le Terme? Difatti Termini era luogo Termale ed ancora oggi si possono vedere i resti dell’acquedotto Cornelio, acquedotto di epoca romana, più precisamente di epoca sillana.

A pochi chilometri da Termini è Caccamo, il nome, un po’ ilare, scatena la risata dei bimbi, ma il paese è ricco di storia, basti pensare alla congiura dei Baroni avvenuta nel suo castello nel 1160, fatto di sangue contro il re Guglielmo il Malo; la storia, è raccontata per le vie del paese da diversi quadri murales.

Ma si è fatto tardi, occorre tornare lesti alle tende se si vuole mangiar qualcosa in orario decente.



Mare mare mare, fa giustamente caldo ed un bagno a mare ci stà, però un po’ più in la; prendiamo la macchina e puntiamo verso Cefalù, così fatti pochi chilometri, l’autostrada che fino a lì era gratuita, diventa a pedaggio, vabbé, 80 centesimi, ed eccoci nella famosa Cefalù, il mare, splendido e il panorama magnifico, ricorda in lontanaza una chiocciola, una lumaca, con tanto di corna rappresentate dal doppio campanile della cattedrale.

Dopo il mare si decide di andare verso l’alto, la Sicilia è una regione ragionevolmente montuosa, siamo ai piedi delle Madonie e così ci inoltriamo, dapprima verso il santuario di Gibilmanna, buon caffe, e poi verso l’interno, arriviamo a Castelbuono, centro della contea dei Ventimiglia, con bel castello, così visitiamo il maniero con tanto di cappella seicentesca con bellissimi stucchi.

Ma la sera incombe e presto si torna alla base, domani ci dedichiamo a Palermo.



Dopo il tour nelle Madonie la visita a Palermo offre un contrasto eccezionale, di la il silenzio delle montagne, di qua il caos di una città soffocata da un traffico incontrollato e incontrollabile, il codice della strada appare un lontano ricordo e le più elementari norme di comportamento qui appaiono annichilite da un fatalismo terrorizzante… le moto e non solo ti sfrecciano ora sulla destra ora sulla sinistra e quando hai un po’ di strada libera, ecco che ti si piazza qualcuno davanti, la parola d’ordine è prudenza, occhi aperti ed… “io speriamo che me la cavo”.

Non da ultimo la coda in autostrada ci ha convinti a lasciarla a Bagheria, e così eccoci nell’intricato intreccio di strade e, soprattutto stradine, di una cittadina molto popolosa, nota alle cronache di, quasi, tutti i giorni. Districarsi nei sensi unici e le strade chiuse è un’impresa, di più un’arte e così eccoci dopo innumerevoli svolte e qualche strombazzata, sulla strada statale numero 113 “settentrionale sicula” indirizzati decisamente verso Palermo.

Scherzi a parte, arrivati in auto in una zona sufficientemente centrale, parcheggiamo e ci buttiamo alla scoperta di Palermo, rigorosamente a piedi. Ed eccoci nell’intricato assetto viario, riusciamo a raggiungere il museo… Chiuso! Ripieghiamo allora sulla Cattedrale e la maestosità dell’edificio un poco si appalesa nel senso che… ma da che parte si entra? Bhé siamo entrati e siamo al cospetto di santa Rosalia, visita, preghierina, foto e… almeno due cose legano questa Cattedrale a Milano, una è che tra le statue, nei pressi dell’altare maggiore spicca una statua di sant’Ambrogio, l’altra è che all’interno dell’edificio di culto, sul pavimento è presente una meridiana realizzata per iniziativa dell’astronomo Giuseppe Piazzi intorno al 1794, dopo che questi tornò da un giro in Europa settentrionale e ebbe l’idea di realizzare la meridiana prendendo spunto dalla meridiana realizzata poco prima nel duomo di Milano.

Buona parte della giornata è passata e così, tra il rusco e il brusco ci incamminiamo sui vialetti del magnifico orto botanico, ambiente veramente ricco, tra cui spiccano le piante grasse e non solo.

Ultimata la visita siamo di nuovo in macchina, si rientra al campeggio (la sera c’è da fare anche li).



E’ giovedì, il tempo passa e la posizione (Buonfornello) è ideale per realizzare una gita verso Piazza Armerina, centro Sicilia, quasi che più centro non si può (quasi, perché il centro è Enna) più o meno ad un centinaio di chilometri verso l’interno.

Viaggio in Autostrada 19 sino a Mulinello, poi strade statali e secondarie si alternano sino alla trafficata Piazza Armerina, arrivati? Niente da fare, il nostro obiettivo, come quello di migliaia di turisti è la famosa Villa Romana del Casale. C’è chi dice che si tratti di una villa imperiale, di certo è una villa patrizia, fatto sta che questa villa è famosissima nel mondo per i suoi magnifici mosaici che sono pervenuti fino ai giorni nostri. Numerosi sono i soggetti che si alternano nelle sale e nelle camere di questo imponente complesso, dai soggetti puramente geometrici si passa a soggetti mitologici (ad esempio il mito di Ercole) a scene di vita quotidiana (grandiose scene di caccia e di corse con quadrighe in una ricostruzione di quella che oggi è piazza Navona a Roma) fino al famoso gruppo di ragazze in bichini che si dilettano in varie discipline sportive.

La ricchezza dei mosaici è tale che, addirittura (ed onestamente non si capisce il perché), su alcuni di questi ci si può camminare liberamente.

In circa due ore si completa il giro della villa (attualmente in “perenne” restauro e perciò ricoperta a guisa di sauna) e non è ancora tempo di mangiare, venendo verso questa posizione abbiamo scorto interessanti boschetti; spesa e rieccoci in viaggio sulla via del ritorno.

Fatti alcuni chilometri, la mappa ci presenta un possibile posto dove consumare il pranzo, deviamo e puntiamo decisamente verso il lago di Pergusola, arrivati, ci ritroviamo in un lungo tracciato stradale che circonda il lago e va in senso unico antiorario, più interno, verso il lago, il tracciato della pista di un autodromo che circonda completamente il lago che è una Riserva Naturale Speciale. Invero non si capisce come si possa coniugare una Riserva Naturale Speciale con un Autodromo, ma è che l’altra cosa che non si capisce ed è decisamente più urgente, è… come si raggiunge il lago posto all’interno di un circuto automobilistico?

Fatti alcuni chilometri, un colpo d’occhio alla recinzione della pista nota una porta aperta… freno accosto si scende, il lago è vicino, si attraversa la pista (nessuna manifestazione in corso, meno male) e… si mangia!

Finito il pranzo una visitina all’ambiente è d’uopo, la presenza di numerosi esemplari di folaga e di qualche anatra oltre ad altri animali denunciati da un cartello all’ingresso del percorso ci rincuora, ma siamo proprio sotto Enna ed il pomeriggio lì vogliamo andare e ci andiamo.

Enna, con i suoi quasi 30.000 abitanti e i suoi 931 metri sul livello del mare è il capoluogo di provincia più alto d’Italia.

La visita della città si snoda sulla centrale via Roma che sale sino al Castello di Lombardia (nel cuore della Sicilia un altro legame alla Lombardia!?!)

Il Castello di Lombardia è uno dei meglio conservati castelli medioevali in Sicilia, sorge su precedente fortificazione araba irrobustita dai normanni e da Federico II di Svevia, e modificato da Federico II d’Aragona ha pianta irregolare con cortili che si susseguono, delle venti torri ne sono rimaste in piedi sei tra cui la torre detta “Pisana” splendido punto di osservazione a 360° su Enna e i suoi dintorni.

Si è fatto tardi e a parte la chiesa di Santa Caterina, mirabile sacrario, siamo arrivati giusto in tempo per salire la torre ottagonale di Federico II che secondo alcuini vista la sua centralità riferibille alla Sicilia, sarebbe l’Umbilicus Siciliae.

Torniamo al campeggio, domani cambiamo posto e si…



…viaggia verso una nuova destinazione, sbaraccate le tende puntimo decisamente verso sud, ripercorrendo la strada verso Enna ma uscendo dall’Autostrada a Caltanissetta, l’obiettivo è Agrigento, l’antica Akragas e giunti nel primo pomeriggio, ci imbattiamo in questa città che del Caos ne ha fatto addirittura un quartiere o giù di li, svincoli e sopraelevate da far impallidire quelli di Genova, e San Leone, la nostra meta non si riesce a raggiungere se non dopo diversi giri e ri-giri, finchè non approdiamo al Campeggio, montiamo le tende (operazione allungata da un terreno particolarmente duro) e si cena, venire qui ci ha fatto vedere la prima meta di domani: la valle dei Templi.



La valle dei Templi, la famosissima valle dei Templi si sviluppa in realtà sul costone di un montagna! L’itinerario che inizia da un capo o dall’altro dell’asse principale, per ragione di parcheggio noi lo abbiamo iniziato dal centro, partendo dal tempio di Ercole, si sale verso il tempio della Concordia, tempio in ottime condizioni dedicato alla dea Concordia? No! La Concordia non è una divinità del mondo antico, il nome è dovuto al fatto che Tommaso Fazello trovò nelle vicinanza un’iscrizione latina alla Concordia appunto. Probabilmente dedicato a Castore e Polluce, fu trasformato in basilica a tre navate e nel 1748 riportato all’originaria struttura ellenica. Si sale ancora e si giunge al tempio di Giunone (si consiglia di iniziare la visita da qui) dedicato a Giunone Lacinia fu distrutto dai cartaginesi nel 406 a.C. e restaurato dai romani.

Da qui non rimane che ritornare indietro e, vista l’ora, e il parcheggio della macchina (vettovaglie in frigo!) sfruttando un muretto di protezione a ridosso di una provvidenziale alberatura si fa pranzo.

Ripresa la visita si è scesi nel “secondo settore”, verso i resti veramente imponenti del tempio di Giove Olimpico; i resti di questo tempio mostrano l’impostazione realmente colossale del tempio che con dimensioni di 112 x 56 metri (per difetto) allo stilobate, nei progetti del tiranno Terone sarebbe dovuto essere uno dei maggiori al mondo, secondo solo a quelli di Efeso (Artemision) e di Mileto (Didimeo), le sue colonne alte quasi 20 metri e dal diametro di quasi 4, 5 metri permettevano nelle scanalature di posizionare una persona, inoltre colossali talamoni, raffigurazioni di persone in atto di sostenere qualcosa, di 7,75 metri, sostenevano, appunto, la trabeazione interna del tempio.

Poco più sotto le quattro colonne superstiti del tempio dei Dioscuri distrutto dai cartaginesi e che fu definitivamente affossato da un terremoto; è bene notare che queste colonne furono ricostruite nell’800 usando materiali di altri siti.

A breve distanza i basamenti di altre edificazioni riferibili al santuario di Demetra e Kore e l’ingresso dei giardini di Kolybetra (visita a pagamento oltre il biglietto di accesso alla “valle”).

Terminata la visita ai templi, si è passati al museo, visita molto interessante, con numerosissimi reperti… non poteva essere altrimenti visto il sito… risalenti a differenti età, tra le altre risalta sicuramente uno dei talamoni del tempio di Giove Olimpico, qui ricomposto in una sala del museo ed il plastico del tempio che, con i talamoni in scala non può far altro che aumentare l’ammirazione per questo grandioso edificio.

Altro reperto custodito nel museo risalente alla fine del VII secolo a.C. è una stipe votiva Dinos di produzione Genoa con rappresentazione della triquetra che mediata dalle suggestioni orientali della trischele e ripresa a simbolo della Sicilia e conosciuta come “trinacria”.

Ripresa la macchina il pomeriggio non è ancora inoltrato, usciamo da Agrigento e ci dirigiamo verso la cittadina di Aragona (il nome ne tradisce l’origine) ma la nostra meta è poco fuori dell’abitato: Le Macalube.

Le Macalube di Aragona sono una riserva naturale di una bellezza affascinante, dietro la bassissima vegetazione, all’improvviso ci si trova di fronte ad un paesaggio definito “lunare”: una distesa di argilla che si spande innanzi, costellata da crepe e da dei veri e propri vulcani alti al più circa un metro, alcuni “spenti” altri in attività, ma quella che sbocca non è calda lava, ma fredda argilla, tirata su da correnti di gas metano che provocano sbuffi di materiali argillosi già noti a Platone e conosciuto come “vulcanesimo sedimentario”.

Da alcuni residenti siamo venuti a conoscenza del fatto che ogni sette anni questa zona esplode innalzando i materiali per un altezza considerevole, l’ultima volta il fatto sarebbe successo nel 2006, c’è dunque ancora tempo per visitare questi magnifici vulcanelli ed eventualmente organizzare una visita alla colossale esplosione eptennale.

Non è ancora sera che, superato il centro di Aragona, ci ritroviamo in un museo a cielo aperto di una solfatara, le famose e a volte tristemente note miniere di zolfo della Sicilia e dei suoi carusi.

Ma si è fatta sera, ritorniamo nel campeggio a San Leone che già il sole è tramontato.



Domenica, bella giornata (come tutte fin’ora) puntiamo il muso verso Trapani e passata Porto Empedocle “ormeggiamo” ad Eraclea Minoa, antica città, già abitata nel neolitico, fu colonia greca con un magnifico teatro con il proscenio rivolto verso il mare, purtroppo la visita non è coincisa con le immagini pubblicate dalla guida, i gradoni del teatro, visibilmente rovinati, sono stati coperti con pesanti strutture protettive, il sito però offre la vista su alcune antiche case e, in una di queste, a guisa di riscoperta, ecco un’anfora far capolino, e non solo, tra le rovine, il rosso della terracotta contrasta con il bianco delle pietre in un modo quasi casuale al punto da far ritenere quella offerta all’intemperie come un simulacro, ma non lo sapremo mai!

Ripreso il cammino dopo il pasto, poco lontano da qui e sulla strada del ritorno, uno dei quattro sentiri natura in Sicilia, del WWF, o meglio la Riserva Naturale Orientata di Torre Salsa.

La Riserva si trova tra Siculiana Marina ed Eraclea Minoa tra falesie di gesso e marne calcaree tra rovi e cespugli digrada verso un mare limpidissimo, la costa per 6 chilometri è “Riserva”.

Peccato che per raggiungere un accesso (per altro su sentiero carrareccio sterrato) è stata un’impresa degna del peregrinaggio di Ulisse, indicazioni a tratto confuse ed incomplete hanno comportato una qual certa perdita di tempo e la passeggiata si è limitata a poco più di due chilometri dal punto di partenza.

Un poco stanchi si fa ritorno al campeggio, domani si riparte per un’altra destinazione e questa volta si arriverà fino a quasi 3000 metri di altezza, la nostra ultima meta? Presto detto: il Monte Etna.



Anche se il mare è vicino, la caotica ragnatela delle strade di Agrigento non ci mancherà, siamo per via, ripercorriamo a ritroso la statale che ci ha portato sino a qui e a Caltanissetta in autostrada direzione Catania.

I chilometri passano veloci sull’A 19 finchè sulla sinistra non si staglia maestosa la sagoma della “montagna”, il Mongibello, l’universalmente noto Monte Etna “il” vulcano.

Poco dopo consumiamo il pasto alla stazione di servizio “Gelso Bianco” prima di Catania e sotto la rotta di atterraggio dell’aeroporto Fontanarossa!

Ripresa la marcia, imbocchiamo la tangenziale di Catania e ci portiamo verso la A 18 che percorriamo sino a Giarre, da qui per viabilità ordinaria attraverso l’enorme centro etneo sulla litoranea verso Fiumefreddo di Sicilia alla ricerca di un campeggio dove piantare nuovamente le tende, siamo a Fondachello di Mascali, il campeggio è a sinistra e il mare a destra della strada (o viceversa dal senso opposto), ma la terra è decisamente più morbida e piantare le tende è un gioco da ragazzi. Da uno spiazzo libero del campeggio, l’Etna è li, lo si può toccare con mano e con la notte che avanza, si riempie di luci, rigorosamente sotto una certa quota, per così dire, di sicurezza.



La giornata è dedicata allo “studio” dell’attacco all’Etna si segue la strada per Zafferana Etnea transitando per Giarre e nel giro di un’ora abbondante si perviene al rifugio “Sapienza” che troviamo chiuso! Di qui la strada ridiscende in direzione di Nicolosi. Nei pressi del Sapienza ci sono alcuni crateri e la gioia, soprattutto dei bimbi, di poter camminare sul vero cratere di un vulcano e poi su un altro ad una quota più alta che ci permette di ammirare la sommità del primo.

Il posto è battuto da un forte vento, e l’attrezzatura da media montagna che ci siamo portati dietro da Milano si è rivelata una felice idea.

Dopo l’immancabile pranzo al sacco, nel punto dove passa il 15° meridiano est da Greenwich, scopriamo che questo, il meridiano dell’Etna, è il meridiano centrale del nostro fuso orario, una piramide a base triangolare munita di orologi solari ricorda questo fatto, d’altronde a chi è avvezzo di geografia astronomica e di geografia in generale, non può sfuggire il fatto che i fusi orari (24) occupano un’ampiezza di 15° ciascuno (15 x 24 = 360) e che il meridiano 0 ± 7,5 occupa il fuso “zero” mentre il meridiano 15 ± 7,5 occupa il fuso “+ uno” quindi il meridiano 15 è per l'appunto il meridiano centrale del nostro fuso orario.

Dopo questa digressione si scende al mare e scusate se è poco.



L’orizzonte sulla montagna appare cupo e nuvoloso, per oggi non saliamo, l’obiettivo allora si rivela Taormina. Lasciato il villaggio ci siamo indirizzati verso la statale 114 “orientale sicula” e giunti a Taormina abbiamo cercato per le strette strade che salgono verso il centro il loco ove parcheggiare la macchina, saliamo e saliamo ci ritroviamo in quel di Castelmola; un segnale ci indica: “uno dei più bei borghi d’Italia” sarà, comunque trovato parcheggio (a pagamento) decidiamo di visitare codesto borgo, bello si, ma, saranno i gusti, abbiamo visto di meglio. Le pedonali vie del centro, costellate di negozi e bar ammiccano lungo la strada che giunge al castello e al duomo intitolato a san Nicolò di Bari… in verità a Bari il santo è conosciuto come san Nicola, e poi è di Myra (Turchia). Comunque visto che già altrove in Sicilia ho notato questa cosa, vorrà dire che qui san Nicola di Myra è conosciuto come san Nicolò di Bari.

Mangiamo nei giardini del castello.

Ridiscesi verso Taormina a quota 200 s.l.m. troviamo finalmente un posto dove lasciare la macchiana, una navetta gratuita ci accompagna alle porte della città (porta Messina) e da qui parte la visita della splendida cittadina adagiata su un costone roccioso a picco sul mare.

Dapprima puntiamo verso il teatro greco, ma l’allestimento di una rappresentazione (l’Aida di Verdi) ci fa desistere dalla visita, sarà per un’altra volta.

Ci inoltriamo allora lungo l’asse viario meglio noto come corso Umberto; anche qui lo spettacolo è costellato dagli immancabili negozi per i turisti e i bar, ma la strada è comunque costellata di chiese e monumenti di apprezzabile bellezza.

In rada un veliero a cinque alberi accende la fantasia dei bambini e quando si è concluso il giro turistico, ritornati alla macchina è ancora presto, tanto è vero che puntiamo decisamente verso un famoso fiume della zona, il suo nome in arabo vuol dire “il ponte”, si tratta dell’Alcantara, che a pochi chilometri da Taormina offre delle considerevoli gole (ingresso a pagamento) che segnano per lungo tratto il confine tra le provincie di Catania e di Messina, anzi di più, geologicamente segna il confine tra il vulcano Etna e i monti Peloritani ed è costituito da due considerevoli pareti di basalto profonde alcune decine di metri entro le quali è possibile fare il, freddo, bagno.

Ma come tutte le cose belle è terminata anche questa giornata, e domani, con qualsiasi clima, si tenterà di raggiungere l’ex rifugio Torre del Filosofo sotto i crateri sommitali dell’Etna a quota 2920 s.l.m.; giusto il tempo di fare merenda e poi si torna verso il campeggio.



Il clima verso il vulcano appare come quello di ieri, ma in considerazione del fatto che domani si torna sul “continente” questa è l’ultima occasione di salire alti sul Mongibello.

Si parte e si ripercorre veloce la strada già affrontata due giorni fa, il parcheggio al Rifugio Sapienza questa volta è gratuito, la visita precedente ci ha permesso tra l’altro di esplorare la zona e scoprire le occasioni di parcheggio gratuito e dunque indossata l’attrezzatura da media montagna ci incamminiamo verso la funivia che ci porta velocemente da quota 1881 del Rifugio Sapienza a quota 2600 del rifugio alpino da dove poco più di 300 metri di dislivello che in condizioni normali si superano in 90 minuti, qui, un po’ perché per un tratto si è seguita una strada sterrata che giunge fino al nostro punto di arrivo e permette ai bus fuoristrade delle funivie dell’Etna di portare fin su i visitatori, un po’ perché il terreno è costituito da cenere e lapilli costellato qua e la da bombe, risultando alquanto friabile e franoso (nel senso che in alcuni punti fai un passo e retrocedi di tre), arriviamo, passando per un ambiente pressocchè privo di vegetazione ed abitato solo da alcuni ragni e alcuni insetti, dopo poco più di due ore nella zona ove sorgeva il rifugio Torre del Filosofo, ora completamente sommerso dalla colata lavica e dei lapilli dell’eruzione che nel 2002 ha creato li vicino un cratere che è stato intitolato a Vincenzo Barbagallo e che presenta ancora un’attività effusiva, costituita da emissioni di vapore dalle viscere della terra.

La salita alla sommità del cratere ha mostrato difatti questi sbuffi di vapore innalzarsi dalla terra e l’aria fredda di montagna (era giovedì 6 agosto 2009 ed erano presenti alcuni cumuli di neve a quote più basse) era mitigata dal calore proveniente dal sottosuolo al punto che scavando sotto la coltre dei lapilli il calore era chiaramente percettibile ed addirittura alcuni centimetri sotto le nostre suole questo non era semplicemente caldo, ma addirittura bruciava.

Consumiamo tuttavia il pranzo al sacco in quota, appoggiati all’unico tavolino con panche presenti.

Fa una certa impressione pensare di trovarsi alcuni metri sopra dove, fino a sette anni fa, altre persone alloggiavano all’interno di un confortevole rifugio non più liberato dalla lava.

La discesa ricomincia nel primo pomeriggio e la nebbia ci accompagna per un lungo tratto di “strada”. Poco sotto, altri crateri sono raggiunti da una comitiva di turisti accompagnati da una guida alpina; ormai in prossimità della stazione di discesa della funivia la nebbia ci ha abbandonati definitivamente, lo spettacolo dei crateri visitati solo due giorni fa visti dall’alto ci accompagna durante buona parte del tragitto ed ora siamo di nuovo al rifugio Sapienza, anche in questa occasione trovato chiuso; dopo una veloce “merenda” riprendiamo la macchina e torniamo al campeggio.

E’ sera ormai quando ci buttiamo per un ultimo bagno nel mar Jonio di Sicilia, domani si smantella il campo e si raggiungerà il “continente”, ancora non lo sappiamo, ma anche questo sarà una piccola avventura.



Ultimo giorno in Sicilia, si smobilita, lentamente, molto lentamente il campo, tant’è che è ormai mezzogiorno quando, caricata la macchina e salutata la montagna ci incamminiamo verso Fiumefreddo di Sicilia, da dove velocemente in A 18 si viaggia in direzione di Messina.

Giunti poco dopo ed imboccata l’A 20 in direzione di Sant’Agata di Militello per il porto e l’imbarco l’uscita consigliata era la terza dopo il casello, vale a dire Messina-Boccetta, da qui, veniamo ben indirizzati in un tortuoso giro verso l’imbarco per Villa San Giovanni.

Giunti all’imbarco e sistemati in fila, una informazione di imbarco pressocchè immediato mi lancia all’acquisto del biglietto, e si soprassede per il pranzo, nonostante l’ora sia già abbondantemente arrivata.

L’ultima avventura è stata dunque effettuare l’imbarco con un panino in bocca diversi quarti d’ora dopo l’acquisto del biglietto, comunque con noi viaggia anche un treno diretto chissà dove e lo stretto di Messina è velocemente percorso, poco dopo siamo già in A 3 con il muso rivolto a Nord, la Sicilia è alle nostre spalle e qui finisce la nostra storia in attesa di una nuova avventura.



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19 aprile 2008
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